Nel contesto lavorativo moderno, è sempre più frequente l’insorgere di dinamiche relazionali deteriorate che possono minare il benessere psico-fisico del lavoratore.
Tra le fattispecie giuridicamente rilevanti, tre concetti spesso confusi sono quelli di mobbing, straining e bossing. Comprendere le differenze è essenziale per tutelare efficacemente i propri diritti.
COS’È IL MOBBING?
Il mobbing è una forma di violenza psicologica sistematica sul luogo di lavoro. Secondo la giurisprudenza consolidata (Cass. civ., ord. 12 febbraio 2024, n. 3822), il mobbing si configura attraverso:
- una pluralità di atti ostili, anche di per sé leciti azionati a danno del lavoratore;
- un intento persecutorio del datore di lavoro (animus nocendi);
- un danno alla salute o alla personalità del lavoratore;
- un nesso causale tra le condotte vessanti dal datore di lavoro e il danno psicofisico del lavoratore.
Il mobbing può essere “verticale” (datore o superiore gerarchico verso dipendente), “orizzontale” (tra colleghi), o “strategico” quando è volto all’allontanamento volontario del lavoratore (in questo caso si parla anche di bossing), che esasperato arriva a rendere le proprie spontanee dimissioni.
COS’È LO STRAINING?
Lo straining è una forma attenuata di mobbing, riconosciuta dalla giurisprudenza sebbene priva di una definizione legislativa certa.
Lo straining si manifesta:
- con uno o più atti isolati, ma idonei a creare una condizione di stress lavorativo prolungato;
- atti che ingenerano un clima lavorativo stressante anche in assenza di reiterazione o sistematicità nelle condotte vessanti;
- con effetti negativi durevoli sull’ambiente lavorativo.
È bene precisare che, a seguito dell’ordinanza Cass. civ., 4 febbraio 2021, n. 2676, la Cassazione ha chiarito che anche per lo straining è richiesta la prova dell’intento vessatorio del datore di lavoro, avvicinando tale figura al mobbing e rendendone più difficile la prova.
COS’È IL BOSSING?
Il bossing è una forma specifica e grave di mobbing verticale, attuato dal superiore gerarchico con finalità strategica: emarginare, esasperare e, infine, indurre il lavoratore alle dimissioni o giustificare un licenziamento. Si tratta di un abuso del potere direttivo, contrario ai principi di buona fede e correttezza.
CHE TUTELE SONO PREVISTE?
Tutte queste condotte, se accertate, comportano una violazione dell’art. 2087 c.c., che impone al datore di lavoro l’obbligo di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.
La mancata adozione di misure preventive volte ad eliminare tali situazioni configura una responsabilità contrattuale del datore di lavoro e può dare diritto al lavoratore, il più delle volte all’esito di un iter giudiziale, ad un possibile risarcimento del danno.
Tuttavia, è bene ricordare che non tutte le situazioni di disagio sul lavoro integrano automaticamente una fattispecie di mobbing o straining: è necessario dimostrare l’intenzionalità, la durata, la gravità e la lesività della condotta.
Per questo è importante rivolgersi a un avvocato esperto in diritto del lavoro per un inquadramento corretto della propria situazione.